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Ad Aquileia sono venute alla luce le fondazioni delle cinte murarie della città tardoantica

Nuove scoperte nell’area dei fondi Pasqualis ad Aquileia: sono venute alla luce  - grazie alle indagini dell’Università di Verona in collaborazione con Fondazione Aquileia e Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Fvg -  le fondazioni delle cinte murarie dell’antica città  realizzate recuperando i materiali costruttivi da altri monumenti urbani (basi di statue con iscrizione, elementi di cornici modanate, colonne ecc.). Un'équipe di studenti, dottori di ricerca e dottorandi dell'Università di Verona - Dipartimento Culture e Civiltà, sotto la direzione di Patrizia Basso in collaborazione con Diana Dobreva, ha avviato lo scorso. mese di giugno una ricerca archeologica nell’area del Fondo ex Pasqualis, all’estremità sud-occidentale di Aquileia e conferito alla Fondazione Aquileia nel 2008. I lavori sono stati condotti su concessione ministeriale, in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia e in particolare con la dott. Paola Ventura, in collaborazione scientifica con il direttore della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi e con il sostegno economico della Fondazione stessa. Il Direttore della Fondazione Aquileia Cristiano Tiussi ricorda che «la Fondazione Aquileia  sostiene le  Università che lavorano ad Aquileia nelle aree ad essa conferite, condividendo i programmi di ricerca dal punto di vista scientifico. Fondamentale per la Fondazione, oltre al raggiungimento degli obiettivi di ricerca, è indirizzare le indagini pensando fin da subito alla futura valorizzazione dei siti, senza peraltro interdire l’accesso alle aree aperte al pubblico, come appunto è il caso del fondo ex Pasqualis: in questo modo si offre ai visitatori l’esperienza unica di poter assistere alle varie fasi di uno scavo archeologico». Il terreno era stato già parzialmente indagato nel 1953-54 da parte di Giovanni Brusin che vi aveva individuato varie strutture tardoantiche e in particolare tre aree pavimentate in lastre lapidee, interpretate come piazze per la vendita di merci, e due cinte murarie parallele fra loro e al fiume Natissa: nonostante i numerosi dati emersi con quegli scavi, molte erano le questioni rimaste irrisolte su questo settore di centrale importanza per la storia della città. Dopo aver condotto in collaborazione con Esplora s.r.l. un rilievo con il drone delle murature rimaste alla luce dopo gli scavi novecenteschi e aperte alla visita del pubblico e una prospezione geofisica su tutto l’areale, con la campagna 2018 si sono aperti due ampi settori di scavo, con il supporto logistico della ditta SAP, confermando alcuni dati noti, ma anche rivelando assolute novità. Il saggio aperto sul lastricato più occidentale ha messo in luce almeno tre fasi di frequentazione precedenti, che coprono un arco cronologico dal I al V sec. d.C., caratterizzate da murature e pilastri che potranno essere capiti solo ampliando il saggio in estensione. Di grande interesse è un livello di travi bruciate, dove si sono raccolti cumuli di semi di cereali, probabilmente in origine contenuti in sacchi, che grazie alle analisi paleobotaniche potranno fornire dati di grande utilità sull’alimentazione del tempo.  Il saggio aperto fra le due cinte murarie ha confermato la datazione di quella più interna nel IV secolo e di quella più esterna nel V d.C., rivelandone le tecniche di fondazione prima non note e aprendo nuove riflessioni sul loro significato nel quadro della complessiva storia urbana: il possente muro interno venne realizzato recuperando i materiali costruttivi da altri monumenti urbani (basi di statue con iscrizione, elementi di cornici modanate, colonne ecc.) per realizzare così una robusta struttura fortificatoria in un momento di pressanti esigenze difensive; di grande importanza per ricostruire l’alzato è stato il rinvenimento del crollo di un ampio settore della sua facciata, costituita da ricorsi di mattoni e altri di blocchi lapidei e dotata anche di una piccola feritoia. Il muro più esterno, invece, costruito mediante un preliminare consolidamento del terreno con pali di legno e anfore rinvenuti in ottimo stato di conservazione, era invece caratterizzato da alcune aperture con rampe di risalita verso le piazze, con buona probabilità connesse ad approdi sul fiume, funzionali al rifornimento delle aree di vendita.  I risultati preliminari dei due saggi confermano dunque la stretta connessione fra il fiume, le mura e le piazze: il complesso unitario, posto immediatamente a sud della basilica, doveva giocare un ruolo cruciale nell’urbanistica e nella vita economica e sociale di una fase di grande vitalità di Aquileia quale fu il tardoantico. Durante lo scavo l’area è sempre rimasta aperta al pubblico e con l’aiuto degli studenti si sono organizzate spiegazioni e visite guidate ai lavori, in un’interessante esperienza di archeologia pubblica e condivisa. Fonte: Fondazione Aquileia

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