Il governo italiano ha inserito fra le candidature del 2023 la pratica della cucina italiana nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco.
La
proposta è stata presentata dai ministri dell’Agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano
La Commissione nazionale Italiana Unesco ha approvato all’unanimità.
l dossier seguirà un iter per il quale verrà prima trasmesso dal ministero degli Esteri all’Unesco e poi valutato, al più tardi, a dicembre 2025.
A promuovere la candidatura “
La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale” sono tre comunità:
- l’Accademia italiana della Cucina, Istituzione culturale della Repubblica, fondata nel 1953 da Orio Vergani, che vanta oltre 80 sedi all’estero, 220 in Italia e più di 7.500 accademici associate
- la Fondazione Casa Artusi, fondata nel 2007 con il fine di promuovere “la cucina di casa italiana” come declinata da Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento
- la Cucina Italiana, fondata nel 1929, la più antica rivista gastronomica al mondo ancora in edicola.
Si segnalano tra le varie comunità sostenitrici della candidatura:
- Slow Food
- ALMA (Scuola Internazionale di Cucina Italiana)
- ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)
- UNPLI (Unione nazionale Pro Loco d’Italia)
I motivi della candidatura della cucina italiana
La cucina italiana non è solo cibo o un semplice ricettario ma anche un
insieme di pratiche sociali, abitudini e gestualità che portano a considerare
la preparazione e il consumo del pasto come momento di
condivisione e incontro.
È il
rito collettivo di un popolo che concepisce il
cibo come elemento culturale identitario.
In Italia cucinare è un modo di prendersi cura della famiglia e degli amici (quando lo si fa in casa) o degli avventori (quando lo si fa al ristorante).
È un mosaico di tanti saperi locali, un’espressione di creatività e conoscenza che si fa tradizione e si trasmette tra generazioni.
Una forma di tutela della biodiversità, basata sul
non sprecare nulla, sul
riutilizzo del cibo avanzato e sui
prodotti stagionali dei vari territori.
La cucina italiana fa parte della
nostra storia ed è un patrimonio per 60 milioni di italiani che vivono nel Paese, per 80 milioni di italiani e loro discendenti che vivono al di fuori del Paese e per tanti stranieri che amano e si ispirano allo stile di vita italiano.
Scegliere:
- cosa mangiare
- con quale ordine (antipasto, primo piatto, secondo piatto, contorno, dolce, frutta, caffè)
- quando
- quale ricetta preparare
- quali ingredienti acquistare
- come preparali
- l'allestimento della tavola
- la presentazione del piatto in tavola
Queste sono alcune delle
conoscenze legate all’elemento che si tramandano in modo formale e informale, per iscritto o oralmente.
L’elemento culturale così definito è proprio di tutta la Nazione.
Gli elementi su cui esso si basa sono la diversità regionale, lo scambio culturale legato al cibo sia tra generazioni che tra paesi diversi, la ritualità e il valore, a volte, anche sacrale della preparazione, la competizione, la convivialità.
La dieta mediterranea patrimonio UNESCO
Un esempio parallelo a questa candidatura può essere
la dieta mediterranea, che fu riconosciuta come
Patrimonio culturale immateriale dall’UNESCO nel novembre
2010.
I motivi della scelta furono
le pratiche tradizionali, le conoscenze e le abilità che sono state tramandate di generazione in generazione in molti paesi mediterranei.
Questa
continuità ha fornito alle comunità un
senso di appartenenza.
La candidatura transnazionale di
Italia, Spagna, Grecia e
Marocco ha portato all’approvazione del riconoscimento nel 2010 ed è stato successivamente esteso anche a
Cipro, Croazia e
Portogallo nel
2013.
La dieta mediterranea non è solo una lista di alimenti o una tabella nutrizionale, ma uno stile di vita.
Include
una serie di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni legati alla coltivazione, alla raccolta, alla pesca, all’allevamento, alla conservazione, alla cucina e soprattutto alla condivisione e al consumo di cibo.
La cultura dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività si coniugano con il rispetto del territorio e della biodiversità, creando un forte senso di
identità culturale e di continuità delle comunità nel
bacino Mediterraneo.
La denominazione “
Dieta Mediterranea” è stata coniata a metà degli anni Settanta per identificare
non solo un
decalogo di regole alimentari, ma uno
stile di vita tradizionale.