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Innovazione, Italia al 38esimo posto

L'Italia recupera, ma pochino: dopo essere scesa dal 28esimo al 45esimo posto tre anni fa, ora nella classifica globale del Network Readiness Index stilata dal World Economic Forum il Belpaese risale dal 42esimo posto dell'anno scorso al 38esimo.

Si tratta di un dato preoccupante: quel valore, e la classifica che ne consegue, rappresenta una sintesi di una serie di analisi che vanno dalla diffusione delle tecnologie in un paese alle normative di settore, dall'efficienza tecnologica della PA allo stato della rete e delle offerte di connettività fino alla "cultura digitale" di imprese e privati e alla spesa in ricerca e sviluppo. Tutti nodi fondamentali della società dell'informazione in cui, secondo gli esperti dell'organizzazione internazionale, il nostro paese non brilla.

Nel dettaglio, spiega uno degli autori del rapporto, Irene Mia, "l'Italia è migliorata in tutte le aree e particolarmente significativo è il miglioramento dell'indice che misura la capacità di utilizzare l'ICT da parte di individui, imprese e pubbliche amministrazioni". A preoccupare rimane però il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale. Il nostro paese, secondo Mia, si distingue prima di tutto per la diffusione della telefonia mobile e i costi della banda larga.

Ad andare in profondità è il Global Information Technology Report, che assegna all'Italia una "capacità di innovazione" inferiore a quella di paesi come Qatar, Tunisia o Thailandia e posiziona il Belpaese subito sopra Lituania, Barbados e Slovacchia.

E la classifica di 122 paesi nel Mondo, disponibile qui in PDF, non risparmia neanche altri grandi stati europei. La Spagna è al 32esimo posto, la Francia al 23esimo e la Germania al 16esimo. Né mancano gli scossoni al vertice. Per la prima volta a guidare la classifica è la Danimarca mentre per gli USA si confermano le tendenze dell'ultimo anno: il paese è infatti sceso al settimo posto, mentre due anni fa era al primo.

Come già negli anni scorsi, sono proprio i paesi del Nord Europa ad emergere come "traino" della rivoluzione digitale: oltre alla già citata Danimarca, tra i primi 10 della classifica si collocano Svezia, Finlandia, Olanda, Islanda e Norvegia. Tra i maggiori paesi dell'Unione Europea, solo il Regno Unito si attesta su un dignitosissimo nono posto.

Di interesse notare come il WEF bocci India e Cina, rispettivamente 44esima e 59esima nella classifica, a causa delle infrastrutture tecnologiche definite assai carenti: il forte impegno dei paesi nello sviluppo e nella creazione di industrie di settore non è evidentemente considerato sufficiente. Ed è interessante notare come sia l'una che l'altra, nonostante la continua crescita del mercato ICT locale, rispetto all'anno scorso abbiano perso posizioni nella classifica WEF. I paesi dell'Asia che si fanno notare sono prima di tutto la regione di Hong Kong (12esima), Taiwan (13esima), Giappone (14esimo) e Corea del Sud (19esima). Non sfigura la Malaysia, al 26esimo posto.

Più scontata ma altrettanto preoccupante è la situazione dei paesi africani: la maggiorparte ha perso posizioni, persino il Sudafrica (37esimo l'anno scorso, 47esimo quest'anno), con la sola eccezione dell'Etiopia, che sta investendo pesantemente nello sviluppo digitale. Addis Abeba stimola il settore ICT con il dieci per cento del prodotto interno lordo.

Stando agli esperti del WEF, a premiare la Danimarca sono le scelte degli ultimi anni, tutte tese a massimizzare le opportunità dell'ICT anche sotto il profilo normativo: le leggi danesi vengono considerate capaci di favorire lo sviluppo tecnologico e la diffusione della cultura digitale come volano del benessere e della crescita economica. "La Danimarca - ha spiegato Mia - ha beneficiato di una politica governativa molto efficace, che si riflette nella liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, nel quadro normativo e nella disponibilità di molti servizi di e-government".

Fonte: Punto Informatico


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