I Musei Provinciali di Gorizia ospitano, da mercoledì 1 luglio a domenica 20 settembre 2015, la mostra “Giovanni Zangrando. L’atelier e gli allievi”.
La mostra GIOVANNI ZANGRANDO (1876–1941). L’ATELIER E GLI ALLIEVI / ATELJE IN UČENCI, allestita presso i Musei Provinciali di Gorizia, si presenta come la più ampia esposizione antologica sinora dedicata al pittore triestino e al suo magistero.
Il percorso conta 99 tra dipinti e disegni, ai quali vanno sommati due taccuini di disegni e nove fotografie in bianco e nero realizzate dallo stesso Zangrando. In parallelo, nel contesto della Pinacoteca, sono esposte le opere dei suoi allievi conservate presso i Musei Provinciali di Gorizia: dai più noti Adolfo Levier, Giannino Marchig, Arturo Nathan sino a pittori di minore risonanza quali Gianni Brumatti ed Emma Galli.
Nel percorso della Pinacoteca si potranno inoltre ammirare anche una selezione degli studi anatomici realizzati da Mario Di Iorio durante gli anni trascorsi all’Accademia di Venezia: un controcanto ai nudi di Zangrando restio ad accettare qualsiasi avanguardia novecentesca.
Zangrando considerò sempre la pittura un mestiere nobile e talvolta questa professione lo impegnò fin 12 ore al giorno. Nel suo ricco curriculum c’è un appunto memorabile: ricevette l’incarico di ritrarre la Principessa Sophie Hohenber, moglie di Franz Ferdinand, arciduca erede al trono dell’Impero d’Austria e Ungheria. Zangrando si recò più volte da lei in Boemia nel Castello di Konopiste e portò a termine la fatica delle pose: per tale lavoro fu pure compensato con un anello.
Espose a Venezia, Firenze, Arezzo, Vicenza, Torino, alla Galleria Bauer di Monaco in una mostra organizzata da Gino Parin e in diverse città europee.
Presente alle mostre collettive del Circolo Artistico, poi a quasi tutte le Sindacali e tenne anche una lunga serie di personali. Fu più volte presente alle Biennale.
Zangrando fu pittore dalla vivace piacevolezza cromatica, dovuta ad una tavolozza piena d’armonia, fu disegnatore fermo e preciso, osservatore efficace, compositore pieno d’accortezza e di grazia. Si fa ammirare soprattutto nei quadri di figura, di solido e nitido realismo prima, impressionista poi, è spesso sobria di toni, sempre attenta alla luce e perfino aristocratica nei momenti più eccelsi.
Durante la Guerra fu profugo a Firenze poiché suddito italiano e rientrò a Trieste con un “Foglio di via semplice” nel 1919. Con lui c’erano la moglie Miete e il figlio Tullio.
Era uomo gentile nei modi, paziente, prodigo di consigli, spiritoso, raramente si alterava,pronto alla battuta, beffeggiatore, sicuro di sé e persino esibizionista. Un buontempone dallo spirito goliardico, ideatore di burle a compagni d’arte e a modelle ma dalla pittura e dai suoi allievi pretendeva molto. Anche se osservato da molti, dipingeva con scioltezza e grande rapidità, non si scomponeva minimamente e non si entusiasmava facilmente dei risultat.Tra le sue pitture più riuscite di paesaggio ci sono le vedute cittadine dal colle prediletto di Chiadino, gli aspetti di Piazza Grande, dei moli e delle Rive affollate nei giorni di festa, le passeggiate delle nobildonne con governanti e prole ai Campi Elisi, il Carso, gli scorci della Val Rosandra, di Monrupino, delle saline di Zaule, di Duino e della baia di Sistiana dove assai spesso si recò con un treppiede leggero, pennelli e colori.
Giovanni nacque in città nel 1867 e nonostante le difficoltà economiche della famiglia (suo padre era falegname e la mamma levatrice), completò il ciclo scolastico sostenendo l’esame di maturità. L’anno successivo, con un piccolo stipendio dell’Associazione Italiana di Beneficenza, andò a Venezia dove frequentò l’Accademia per cinque anni sotto la guida di Franco, Cadorin e Molmenti. Si ricorda che partiva con qualche fiorino, dormiva in una stanza umida e fredda e …sognava piatti di spaghetti fumanti! Tra i primissimi lavori conservati un acquerello intitolato I fratini richiama alla mente le gustose scenette di Rosè.
Zangrando si guadagnò da vivere eseguendo disegni di architettura e prospettiva al servizio di ingegneri ed architetti. Nel 1889 terminò l’Accademia e fu vincitore del primo premio.
A Trieste fu nel gruppo di artisti che si mossero intorno al Veruda, pittore di temperamento, innovatore, amico di Italo Svevo.

