Sarà inaugurata venerdì 17 aprile, alle ore
18.00, presso la Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi in Piazza Piccola 2, la mostra
"A colpi di manifesti. Grafica e comunicazione politica negli anni Settanta".
L’esposizione,
visitabile fino al 10 maggio 2015, è curata da Pietro Comelli e Andrea Vezzà.
Un viaggio nella grafica, con l’esposizione di oltre quaranta poster originali di varie dimensioni e venti pannelli fotografici in
formato 70X100, è il modo originale scelto da Pietro Comelli e Andrea Vezzà per raccontare gli anni
Settanta a Trieste e in Italia. La mostra A colpi di manifesti non è solo un tuffo nel passato dal
sapore vintage, ma il racconto di una stagione dura e affascinante fatto semplicemente attraverso la carta.
Internet non c’era e tanto meno i
social network. Erano gli anni Settanta. Una stagione difficile, complessa, dura e affascinante al tempo stesso, in cui la
politica comunicava soprattutto attraverso lo strumento del comizio e dell’
incontro pubblico. Una sorta di avvenimento nelle piazze delle città italiane, perfino nei paesini più sperduti, che richiamava all’appuntamento non solo i
simpatizzanti di una precisa parte politica.
La radio e la televisione di Stato – le prime emittenti private arriveranno solo alla fine degli anni Settanta – facevano la loro parte ma senza quel peso specifico che andranno a conquistare in modo preponderante solo nei
decenni successivi. E allora come si veicolava un messaggio? Come si annunciava un comizio? Quali erano gli strumenti per raggiungere la gente? Era la carta a fare la differenza.
Manifesti, volantini e giornali – numeri unici, periodici e quotidiani – riuscivano a catturare l’attenzione dei cittadini.
Una tradizione antica quella dei manifesti, specie per una realtà come Trieste, che dei grandi cartellonisti quali ad esempio
Marcello Dudovich poteva già vantare le campagne pubblicitarie delle catene alberghiere, delle compagnie marittime, dei grandi magazzini…
Ma dietro alla
grafica dei manifesti di partito – dalla Dc al Pci fino al Msi, per citare quelli più assidui nell’utilizzo dei manifesti, senza dimenticare i sindacati e anche i movimenti
extraparlamentari di quegli anni – non c’erano di solito nomi affermati del mondo grafico e pubblicitario. Erano per lo più manifesti “
pensati in casa” dal settore propaganda, ma proprio per questo originali e forse più genuini nel poter raccontare un percorso, attraverso i testi, le immagini e il messaggio che si voleva lanciare.
A volte chiaro a volte meno, almeno per il risultato finale sui fruitori.
Ecco che la mostra A colpi di manifesti. Grafica e comunicazione politica negli anni Settanta,
curata dal giornalista Pietro Comelli e dal
ricercatore Andrea Vezzà, diventa una sorta di
viaggio dal 1970 al 1979 per raccontare, attraverso la grafica e la comunicazione politica, gli anni Settanta a Trieste e in Italia. Abbinando i manifesti murali, a colori e in bianco e nero, assieme ad alcune foto direttamente collegate a quegli eventi. In una sorta di viaggio attraverso la carta è possibile, ad esempio, ricostruire i
primi anni Settanta che vedevano ancora in campo i diversi partiti monarchici, il
Pci e il Msi denunciare il pericolo fascista o comunista, oppure la Dc preparare il manifesto di saluto al presidente della
Repubblica Giovanni Leone.
Tecniche grafiche diverse e anche comunicazione agli antipodi, oltre alle differenze politiche, che vedevano i manifesti diventare uno strumento universale di propaganda. Anche nel campo
sindacale, con il messaggio della C
gil nella stagione degli scioperi dei postelegrafonici e quello della Cisnal sulla cogestione delle imprese. Supportati e contrastati dai giornali, a volte semplici testate underground, quali Lotta continua,
Linea, Dissenso… che arricchivano il poster e il suo contenuto.
Manifesti a volte ironici, di denuncia, colorati e lugubri riescono a disegnare – è proprio il caso di dirlo – gli anni Settanta in modo ricco e diverso da un documentario filmato. Riuscendo a trasmettere anche le diverse sensibilità, nel proporre un manifesto, delle giovani generazioni dell’epoca rispetto ai vertici di un partito o di un sindacato. Ad esempio raccontando la partecipazione pro Allende in Cile, il mito del
Che Guevara, oppure i primi
Cineforum dei collettivi triestini e la campagna per il voto ai diciottenni del Fronte della gioventù fino al raduno del
Campo Hobbit.
Attraverso i manifesti stampati di quarant’anni fa,
guardandoli bene, viene fuori una Trieste forse diversa dagli stereotipi comuni. Una città non chiusa in se stessa – seppure condizionata dalle ferite del
“lungo Novecento”, in una realtà al confine orientale dell’Italia – ma aperta ai grandi temi del cambiamento e della partecipazione che, in mezzo ai gravi fatti di sangue che sconvolsero il
Paese, contraddistinsero la stagione irripetibile degli anni
Settanta. Una stagione da raccontare semplicemente con la carta, all’interno di una mostra originale e unica non solo per Trieste.
La mostra sarà visitabile dal 18 aprile al 10 maggio 2015, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.
Sala Umberto Veruda, piazza Piccola 2 - Trieste