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Il 2016 è stato il terzo anno più caldo dal 1851 sulle Alpi orientali italiane

[caption id="attachment_74012" align="alignnone" width="630"] Ghiacciaio del Canin_ph Marco Di Lenardo[/caption] Il 2016 è il terzo anno più caldo dal 1851 sulle Alpi orientali italiane. Gli effetti del riscaldamento globale sono particolarmente amplificati ad alta quota, dove la sopravvivenza dei ghiacciai è sempre più in pericolo. E questo è un campanello di allarme che spinge tutti noi, in qualità di esseri umani che abitiamo, modifichiamo e spesso distruggiamo il Pianeta Terra, ad una riflessione sul nostro modo di vivere e di consumare.
Con una temperatura media annua di +2.1°C misurati presso la stazione meteorologica del monte Canin, Parco Naturale delle Prealpi Giulie, a 2203 m di quota (n.d.r., la stazione meteorologica più ad alta quota del Friuli Venezia Giulia), il 2016 è risultato il terzo anno più caldo dal 1851 almeno. Le temperature si riferiscono alla stazione meteorologica del monte Canin, la più ad alta quota del Friuli Venezia Giulia (2203 m) che permette di evidenziare i fenomeni di amplificazione del Global Warming ad alta quota. Più caldi del 2016 solo il 2015 con +2.7°C ed il 2011 con 2.5°C. “Gli ultimi 3 anni hanno fatto registrare consecutivamente una temperatura media annua superiore ai +2°C, fatto accaduto solo altre 2 volte negli ultimi 165 anni almeno, nel 2011 e nel 2000” dichiara Renato R. Colucci del CNR che da diversi anni, in collaborazione con il Parco, conduce ricerche glaciologiche in Canin e nella Alpi Giulie volte alla comprensione delle interazioni tra la criosfera (tutto ciò che rimane ghiacciato in maniera permanente) ed il clima. “Fino all’inizio degli anni ’80 la temperatura media annua nelle Alpi Giulie a quella quota era inferiore a 0°C, mentre dal 1984 non si sono più registrare temperature medie annue inferiori a questa soglia ma bensì sempre valori positivi. Tutto ciò ha portato ad una drastica e rapida riduzione dei resti glaciali della nostra regione che sta vedendo scomparire gli ultimi relitti glaciali del sud-est alpino. Dagli anni ’80 aree e volumi si sono ridotti di oltre il 50%, mentre dalla fine della piccola età glaciale (un periodo più freddo e umido che aveva caratterizzato le Alpi tra il 1350 ed il 1850) la riduzione è vicina al 90%.” In aggiunta a questa già compromessa situazione, il mese di dicembre appena trascorso, che in assoluto è risultato il secondo mese di dicembre più caldo nella storia climatologica delle Alpi Giulie dopo quello del 2015, non ha fatto registrare nessuna nevicata. “Questo, combinato alle previsioni nel breve e medio termine che al momento non sembrano dare speranze per nevicate copiose in gennaio, minerà ulteriormente la sopravvivenza di quel che resta degli ormai piccolissimi ghiacciai delle Giulie” prosegue Colucci. “Le copiose nevicate di alcuni inverni degli ultimi 10-15 anni avevano portato con se una fase di relativa stabilità ai ghiacciai del Montasio e del Canin. L’ingente copertura nevosa a fine primavera (come nel 2009, 2010, 2013 e 2014) aveva permesso infatti di bilanciare estati sempre più lunghe e sempre più calde. In mancanza della neve, però, la prossima estate potrebbe dare un colpo durissimo a quel che resta della criosfera nostrana.”
Gli effetti del Cambiamento Climatico in atto sembrano essere particolarmente importanti e di magnitudo quasi doppia rispetto alla media globale nelle aree di alta quota del Friuli Venezia Giulia. Se la Terra si è infatti scaldata mediamente di circa 1°C dall’inizio della rivoluzione industriale, le nostre montagne ormai hanno superato la soglia dei 2°C. L’accelerazione al riscaldamento degli ultimi anni sta inoltre minando in maniera considerevole anche il ghiaccio più nascosto del Canin, quello presente nelle grotte ed abissi carsici del massiccio montuoso. Anche in profondità nella roccia calcarea il caldo sta penetrando la montagna. L’aria più calda che entra dagli ingressi carsici, eventi intensi di pioggia “calda” fino a tardo autunno (che fino a 30 anni fa sarebbero stati ingenti nevicate) ed estati sempre più lunghe stanno portando gradualmente alla riduzione del ghiaccio sotterraneo, custode di importanti informazioni paleoclimatiche che andranno presto irrimediabilmente perse. Proprio per questo motivo è recentemente iniziato il progetto scientifico C3 (Cave’s Cryosphere and Climate) che vede tra i capofila la Società Speleologica “Commissione Grotte E. Boegan” della SAG (CAI) ed il CNR di Trieste, oltre al Parco Naturale delle Prealpi Giulie ed istituti di ricerca austriaci, svizzeri e tedeschi. L’obiettivo è cercare di raccogliere più informazioni possibili dal ghiaccio sotterraneo ancora presente, prima che l’inevitabile riscaldamento del pianeta faccia scomparire tutto. Fonte: Climate and Paleoclimate Research Group - Department of Earth System Sciences and Environmental Technology ISMAR Trieste - CNR  

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